Tre i tratti distintivi degli innovatori:
- vendono qualcosa di nuovo o percepito come tale.
- Quel qualcosa è inserito in una visione del mondo nuova.
- Mostrano uno stile comunicativo altrettanto nuovo.
I followers, invece:
mostrano scarsa propensione al rischio, alla ricerca e alla comunicazione.
possiedono le competenze per produrre le idee nuove di altri.
concentrano il loro business su prezzo e distribuzione.
Gli innovatori investono in rs&c (ricerca, sviluppo e comunicazione) e presentano un’alta propensione al rischio. Il livelli di rischio e le qualità del prodotto offerto consentono loro di strappare prezzi di vendita più alti rispetto ai followers.
Questi ultimi invece seguono in termini temporali, stilistici e funzionali, le scelte degli innovatori. Nei loro prodotti e servizi cambiano solo il dettaglio del design e delle performance. Si inseriscono in un mercato maturo ma non saturo che aggrediscono con prezzi più bassi e strategie di distribuzione volte a raccogliere clienti meno propensi alla spesa.
La reazione dell’innovatore è spesso forte: commercializza una nuova idea innovativa ricreando la distanza appena colmata dal follower; a volte meno: consolida l’originalità del brand di modo da fidelizzare il cliente. A volte nulla: di fronte alla forza e al numero dei follower soccombe.
Chi pensa a un mercato di soli innovatori non considera che la distribuzione di competenze, unita alla rarità di nuove idee, produce un gran numero di followers.
Difficile, poi, essere innovatori in territori dominati dall’immobilismo, dove il merito non è troppo considerato e manca una politica specifica di supporto al rischio d’impresa. Le motivazioni personali e il cambiamento della relazione tra azienda e territorio, però, lasciano qualche speranza. Utile forse analizzare le dinamiche che legano azienda e territorio per capire se influiscono sugli stessi concetti di innovatore e follower.
#1. I territori delle idee
Chi si occupa di produzione industriale sa che spesso il momento della messa in produzione, specie di grandi serie, è quello nel quale le idee vengono congelate.
Tutto inizia con intuizioni, discussioni, prototipi, test, correzioni, passi indietro, salti in avanti e nuove riflessioni. Ancora discussioni con chi fa comunicazione, modifiche di dettaglio e altri prototipi. Poi si fa il punto e si decide che ‘va bene’: si può cominciare a produrre la prima serie. Si mette mano al software che gestisce l’area di produzione, si destinano i robot e il personale necessario. Fine della storia, si passa ad altro.
Quali territori hanno ospitato le idee vincenti, mature, pronte per essere prodotte?
Sono territori saturi di gente e idee, intuizioni che vengono macinate ogni giorno per vedere se esce ‘qualcosa di nuovo’. Potremmo pensarli in montagna forse ma una pianura aiuta; isolati, ma stare al centro di un incrocio di strade è utile così come stare assieme a gente diversa da noi. Questi, forse, i territori delle idee: raggiungibili, trafficati, eterogenei.
Contaminati, in una parola.
Un’idea matura, che ha superato i suoi esami ed è pronta per essere riprodotta in grande serie, oggi spesso li abbandona.
#2. I territori delle cose
I territori delle cose fino a relativamente poco tempo fa, erano anche quelli delle idee. Con il grande sviluppo delle comunicazioni e dei trasporti si sono scissi.
Come dire che i territori delle idee hanno delegato ad altri territori la loro produzione. Quando nascono, i territori delle cose sono spesso abitati da puri esecutori. Specializzati nell’eseguire prescrizioni, dotati delle strette competenze necessarie a farlo, e non troppo attenti al come in termini di qualità della vita degli operai e del territorio stesso. Sono privilegiati i grandi spazi connessi a un ricco, articolato, telaio distributivo
Spesso i territori delle cose diventano territori delle idee. Almeno per due motivi: fare le cose educa a pensarne di nuove; concepire le cose che si producono è più gratificante.
I tempi di tale mutazione sono spesso lunghi, impiegano diverse generazioni. Le idee, la creatività e lo stile non sono byte da scaricare dal web ma frutto di scelte educative, retaggi culturali alchemici e secolari, attitudini subliminali.
#3. I territori sartoriali
Condividono la natura dei due precedenti. Pieni di gente e idee, attenti all’acquisizione di nuove competenze culturali, produttive e di strutture che le possano ospitare. La loro natura spuria, meticcia, non sempre permette specializzazioni e grandi serie di prodotti industriali ma produzioni sartoriali: personalizzate e di dimensioni piccole e medie. Si rivolgono a chi ha già tutto ma cerca qualcosa di nuovo di cui ‘avere bisogno’, un modo nuovo di lavorare, un’esperienza nuova per svagarsi. Servizi progettati sul cliente e prodotti in numero sufficiente al suo gruppo di riferimento.
Sono i territori del ‘prodizio’ (ricordate?) nei quali le idee restano protocolli morbidi (pensate agli orologi di Salvador Dalì) anche quando diventano prodotti, servizi.
Spesso, dopo brevi periodi, tornano ad essere idee, ambizioni di consumo piuttosto che risposte a necessità primarie.
Conclusioni
Le relazioni tra territori, idee e prodotti presentano un carattere fluido rispetto a quanto accadeva fino a pochi anni fa. Tra le altre, assistiamo a due dinamiche nuove:
> I territori delle cose stanno diventando territori delle idee trainati dai guadagni prodotti nel fare bene le cose.
> Al contempo i territori sartoriali stanno allargando i propri confini.
Nel timore di perdere le idee, con tutto ciò che comporta in termini di impoverimento culturale ed economico, questi ultimi si stanno attrezzando per produrre ‘cose nuove’al proprio interno e in serie medie e piccole. Grazie alle attività di questi territori il confine che eravamo abituati a immaginare, tra innovatori e follower, sembra perdere chiarezza e sfumare.
I territori sartoriali vivono spesso di piccole idee, spesso molto originali e in continuo aggiornamento che incontrano una particolare clientela, sensibile a una nuova attenzione sartoriale, appunto. Al loro interno followers e micro-innovatori si avvicinano sempre più rendendo difficile capire cosa sia veramente nuovo rispetto a ciò che mostra di essere semplicemente interessante per una cerchia di consumatori importante.
All’interno di questa nuova miscela – spesso molto equilibrata – di prodotto, servizio, visione del mondo, attenzione all’ambiente, stile comunicativo (ciò che viene definito ‘brand’ insomma) si gioca il nuovo rapporto Innovatore/Follower. Nei territori sartoriali la caratterizzazione del Brand è uno strumento fondamentale. Più di ogni ‘killer application’, di qualsiasi imperdibile ‘App’ è il carattere che vince, permettendo all’azienda di emergere rispetto ai concorrenti. Caratterizzare un’azienda non si tradurrà nel connotare in modo originale il proprio prodotto o il servizio offerto, il proprio stile, la propria immagine, lo stile relazionale, ma tutto insieme! Come in cucina, in altre parole, non vince la qualità degli ingredienti ma quella degli accostamenti e dei processi che rendono unica una ricetta.
Segnaliamo due realtà italiane, che operano in campi molto diversi ma che appartengono entrambi ai territori sartoriali cui facevamo cenno.
Molto nota in Italia e all’estero unisce ricerca e servizio come poche aziende sanno fare accedendo quindi a un mercato molto articolato che va dall’edilizia scolastica (la Scuola Mattarella a Modena) agli aeroporti (Abu Dhabi Airport).
Zare
Azienda che produce una serie di prodotti e servizi (la produzione additiva è solo un esempio) per clienti interessati a prototipi, piccole serie e lavorazioni innovative. Così originale da spiazzare al primo contatto indica, con decisione, una delle strade più importanti per innovare in Europa.
Infine, per dare un esempio di quanto sia giudicata interessante l’attività sartoriale anche nelle grandi serie (basta dire Toyota per dare un’idea di numeri) oltre al caso di Nike già citato la scorsa comunicazione, vogliamo proporvi un interessante video che ha ormai qualche annetto ma ci sembra ancora molto efficace.
Ringraziamo le tre aziende che ci hanno permesso la citazione.
la foto che presenta questo post è concessa da FabLab (Umarell stampato in 3d in media serie)
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